LA TORRE

 La plaquette numero 10 della collana “Architettura Incisa” s'intitola “La Torre”, è un leporello con un testo dello scenografo milanese di origini greche Andrea Zulinos accompagnato da quattro incisioni originali di André Beuchat (Neuchâtel, 195), Andrea Bosich (Trieste, 1970), Lanfranco Lanari (Falconara Marittima, 195)e Fabio Sgroj (Partinico, 1996).
In occasione della Giornata Mondiale del Disegno si ri-pubblica integralmente il testo, affiancato dalle immagini di torri (volutamente solo incisioni e disegni in bianco e nero) elaborate da alcuni artisti e architetti che le “Edizioni dell'Angelo” hanno avuto l'onore di ospitare nelle proprie pubblicazioni.






LA TORRE
di Andrea Zulinos

La fila era lunga e si procedeva lentamente.

L’edificio appariva ancora distate, non si vedeva l’ingresso nascosto dalla moltitudine in coda. Di tanto in tanto un tafferuglio, dovuto a qualcuno che provava a scavalcare il turno, rompeva la monotonia dell’attesa.

Dal punto in cui mi trovavo vedevo tre lati dell’edificio, quindi doveva avere una forma poligonale e sembrava rastremarsi, ma non capivo se era solo un effetto prospettico o la struttura seguiva realmente una forma piramidale.

Rosario Amato, disegno 2018.

Delle strette finestre a feritoia strombate, poste agli angoli ad altezze diverse, erano le uniche aperture visibili.
Il rivestimento esterno, di sottili scandole d’avorio, brillava illuminato dal sole che, in quel momento, aveva appena superato la sommità dell’edificio, pertanto, restando abbagliati, non si riusciva a guardare verso l’alto, così si aveva l’impressione di trovarsi davanti una torre di altezza infinita proiettata nell’immensità del cielo.
Solo quando riducendosi la fila mi avvicinai all’ingresso, mi resi conto che la torre era stata costruita sul ciglio di un precipizio, in basso una vasta pianura con gli appezzamenti dei campi coltivati che ricordavano un acquerello di Paul Klee.

André Beuchat
acquaforte e puntasecca, 2022
All’ingresso un addetto registrava i nominativi, assegnava un pass con un codice e smistava secondo le possibilità di scelta: si poteva restare a piano terra, nell’area detta Amatoriale, oppure salire la scala del percorso Professionale.
La stragrande maggioranza sceglieva di intraprendere il percorso professionale, pochissimi coloro che restavano al piano terra e avendo intravisto un vecchio amico, decisi di fermarmi anch’io nell’area amatoriale.
Andrea Bosich
acquaforte e acquatinta, 2022.
L’interno si confermava essere a pianta 'ottagonale, ai lati dell’ingresso due strette scale metalliche si appoggiavano ai muri perimetrali di mattoni a vista.
Il pavimento, in cemento fratazzato battuto in senso longitudinale con una saggia di legno, era alternato e bordato con liste di pietra di Prun. Sul lato opposto all’ingresso una grande apertura, come quella che caratterizza l’unità residenziale di Aldo Rossi nel quartiere Gallaratese, con la rete metallica che smorzava l’irraggiamento luminoso, inoltre fasci di luce, provenienti dalle finestre in alto, rivelavano il pulviscolo in sospensione nell’aria.
Stefan Davidovici, disegno 2015.
Dai vari piani, a sbalzo nel vuoto a tutta altezza, pendevano corde, catene, ingranaggi, reperti delle diverse organizzazioni che la torre aveva avuto nel tempo e si erano aggiunti schermi video di varie grandezze: l’insieme sembrava la concreta realizzazione di uno dei Capricci di Carceri incisi da Piranesi.
Ovunque un frenetico e continuo affaccendarsi, ma senza chiasso con tutti i rumori che giungevano ovattati.
Brunetto De Batté, disegno 2013
Mi avviai verso l’amico che era appoggiato ad una ringhiera che chiudeva l’affaccio verso una quota inferiore che doveva corrispondere alla parte costruita sul precipizio, al centro della ringhiera si trovava la gabbia metallica di un ascensore che collegava i piani interrati con la cima dell’edificio che anche dall’interno non era visibile.
Massimo Gasperini, acquaforte.
Dopo lo scambio di convenevoli, mi affacciai a guardare verso il vuoto in basso che era tanto buio da non vedersi il fondo, si percepiva una lieve corrente d’aria che portava uno sgradevole tanfo di bruciato misto a putrefazione.
«Cosa c’è lì sotto?» chiesi all’amico.

«Lo chiamano il Pozzo Nero

«Perché?»

«Lo ca...»

Le parole dell’amico furono sovrastate da un suono ripetitivo cui seguì l’avviso di una voce campionata:

«CADUTA!

NON OLTREPASSARE LA LINEA GIALLA!»

L’amico prendendomi per il braccio mi invitò ad allontanarci, con la coda dell’occhio ebbi l’impressione di veder cadere qualcosa dall’alto e perdersi nel vuoto oltre la ringhiera, mi voltai di scatto seguendo con lo sguardo l’ideale percorso di caduta, poi guardai dubbioso l’amico che mi disse:

«Di cosa ti meravigli? Non sei al corrente delle regole della Torre dell’Arte

«Veramente so solo che l’ingresso è libero e consentito a tutti.»

Gaetano Ginex, acquaforte 2018
«Anch’io quando sono entrato non sapevo altro, ma adesso ne so abbastanza. I piani che vedi sporgere sono i livelli di affermazione nel campo dell’arte. Ad ogni livello avviene una selezione, inoltre non si può permanere sempre nello stesso livello, se entro il tempo stabilito non si riesce a passare al livello successivo i ritardatari vengono gettati di sotto, nel Pozzo Nero
«E che fine fanno?»
«I cadaveri e i gas sprigionati dalla decomposizione vanno ad alimentare il Sacro Fuoco dell’Arte che arde perenne sulla cima della Torre.
Lanfranco Lanari
acquaforte 2012-2022
La regola vale per tutte le figure che hanno a che fare con l’arte, non puoi immaginare quanti galleristi ho visto precipitare ultimamente. Spesso qualcuno durante la caduta urla e si dimena modificando la sua traiettoria e andando a sbattere contro la gabbia dell’ascensore o contro questa ringhiera. Se guardi bene quelle striature scure sono di sangue rappreso e là, sullo spigolo della putrella d’angolo, c’è ancora aggrumato un ciuffo di capelli.»
Emmanuele Lo Giudice
disegno 2012.
«Ma chi decide le eliminazioni?»
«Questo è un mistero. Come hai potuto constatare si sente l’avviso e a quel punto non c’è alcuna possibilità di appellarsi alla decisione. A volte sono alcuni componenti di una categoria - artisti, galleristi, critici... - a coalizzarsi per eliminare un elemento della loro stessa categoria o di un’altra. I diversi livelli che si affacciano nel vuoto sono privi di parapetto, così chiunque con una spinta può far cadere, per questo è importante stare sempre al centro dell’attenzione, mai lasciarsi marginalizzare. Alcuni non resistono a questo stress continuo e si buttano di sotto volontariamente...»
Vincenzo Piazza
disegno su tavoletta grafica 2022.
Mentre il mio amico proseguiva nella sua spiegazione vidi precipitare un altro corpo e mi parve di riconoscere quel critico che veste sempre tutto di nero.
«...Giusto ieri ho visto rotolare la testa di quel curatore precipitato dopo che aveva organizzato la mostra sui gatti. Aveva già raggiunto il secondo livello e da qui lo abbiamo sentito tutti piagnucolare implorando perdono per aver organizzato una mostra di infimo livello commerciale, cadendo guaiva e si contorceva finendo col fracassarsi il cranio contro l’ascensore: quando si giudica qualcuno “una testa vuota” non è solo un modo di dire.»

«A proposito, questo ascensore dove porta?»

«È un altro mistero della Torre. Come puoi vedere non c’è porta di accesso, quindi nessuno di noi del livello  amatoriale può prendere l’ascensore. Probabilmente c’è un altro ingresso riservato, giù dalla valle, che porta direttamente ai livelli più alti. Chi precipita nel Pozzo Nero, cioè nel vuoto buio dell’oblio, si può considerare morto anche artisticamente, in compenso, quando un artista raggiunge il vertice della Torre, la morte biologica non influisce sulla sua vita artistica, cioè un artista può morire fisicamente e continuare a vivere artisticamente. Ti rendi conto? Altro che salvezza dell’anima, altro che resurrezione della carne nel giorno del Giudizio Universale: questa è vera immortalità!»

«Tutto quello che mi racconti mi inquieta moltissimo, ma, comunque, noi qui nell’area amatoriale non siamo soggetti a queste regole e possiamo anche decidere di uscire in qualsiasi momento.»

Franco Purini, china su cartoncino, 2021
«Non è come credi. Innanzitutto una volta entrati non si può più uscire, inoltre siamo tutti in attesa di verifica.»
«Verifica? In cosa consiste?»

«Verremo chiamati e saremo valutati per i nostri lavori.»

«Di cosa ti preoccupi, conosco bene gli splendidi lavori che realizzi.»

«È proprio questo il problema. Per stabilirsi nell’area amatoriale i lavori devono essere al di sotto della mediocrità e chi supera tale livello viene eliminato. L’unica alternativa che viene offerta è la rinuncia totale all’arte, a praticarla e interessarsene, ma, in ogni caso, non è concesso uscire dalla Torre, si viene reclusi in quei cubicoli che vedi in quell’angolo, in totale isolamento, senza più alcuna possibilità di relazioni.»

«Ma che vita sarebbe?»

«Appunto, che vita sarebbe? Infatti, per quanto mi riguarda, non intendo accettare questa possibilità.»

Girolamo Russo
acquaforte e ceramolle 2002
«Scusami, ma stando così le cose non mi tornano. Quante volte ci siamo lamentati del basso livello dei lavori esposti in certe mostre, quindi quest’area dovrebbe essere affollatissima, invece siamo in pochi...»
«Il fatto è che anche l’ultimo dei dilettanti, una volta ammesso nella Torre dell’Arte, sceglie di scalare il percorso professionale...»

«Allora cosa si dovrebbe fare per praticare l’arte solo per il piacere dell’arte?»

«Dovresti chiedere cosa NON si dovrebbe fare. Dovresti non mostrare mai pubblicamente i tuoi lavori, perché partecipare anche ad una sola mostra collettiva, anche se per beneficenza, equivale a varcare l’ingresso della Torre dell’Arte e non puoi più uscirne se non a prezzo della vita, a restarne fuori sono soltanto coloro che si limitano a bazzicare Internet, almeno fin ora.»

«?????»


Massimo Scolari, disegno 2004
Si udì nuovamente il segnale sonoro e la stessa voce metallica scandì un numero seguito dal nome del mio amico.
«Tocca a me, devo andare...»

«Non so cosa dirti, mi sembra assurdo augurarti che il tuo lavoro sia giudicato scadente perché tu possa restare, e d’altra parte...»

«Vado!»

Ci stringemmo appena la mano. Restai immobile, seguendolo con lo sguardo mentre iniziava a salire la scala che portava al livello di verifica, prima ancora che vi giungesse due addetti della Torre lo scaraventarono di sotto. Tutto in una frazione di secondo, nella torva indifferenza generale. Il mio cuore mancò un colpo per lo sconcerto, provai un capogiro, sentivo le gambe tremarmi, chiusi gli occhi, trattenni a stento un conato di vomito e mi appoggiai alla parete temendo di svenire. Rimasi così nauseato e ansimante. Non v’era scampo? Avrei fatto anch’io la stessa fine? Non volevo subire la violenza crudele di un sistema brutale e insensato.


Fabio Sgroj
stampa alta da Inc. su zinco 2022.
Io ho rinunciato a esercitare la professione di architetto per potermi dedicare liberamente a disegnare architetture fantastiche svincolate da ogni condizionamento costruttivo. Non ricorrerò alla retorica di una vita per l’arte, ma credo di averci messo impegno e passione, senza frenesie di ribalta ad ogni costo. Come ha scritto un poeta “Il dubbio / che tesse altri dubbi, che scava / e sconvolge è la nostra sola certezza”, mentre restavo appoggiato al muro, asciugando il sudore freddo che mi imperlava la fronte, con gli occhi chiusi che bruciavano per le lacrime trattenute e cercando di riprendere il regolare ritmo del respiro, ritornò la domanda che mi assilla da sempre: i miei lavori sono veramente di qualità? Oppure sono apprezzati per piaggeria e io sono solo uno scadente dilettante? Mi resi conto che avere la risposta definitiva era, ormai, prioritario, più importante dell’arte stessa, della vita stessa, e quindi avrei atteso la valutazione della Torre.


Claudio Triassi, disegno su tavoletta grafica 2021

Risuonò ancora il segnale che anticipava gli annunci, ma questa volta il suono continuava martellante, mi rimbombava nella testa e... riaprii gli occhi allungai una mano e bloccai la suoneria: era la mia sveglia che mi destava da quell’incubo notturno.
Seduto sulla sponda del letto mi dicevo che per fortuna il sistema dell’arte non segue le regole che avevo sognato.

«O NO?»