Massimo Gasperini

 

XI-VI-2016-Inversa Forma Urbis,
90x45 cm, china su carta per
stampa fotografica Ocè Glossy.

Massimo Gasperini

[Pisa, 1971]

Architetto, già docente incaricato nelle Facoltà di Architettura di Firenze e di Genova, si occupa di progettazione architettonica e urbana alle diverse scale di intervento. Ha partecipato a numerosi concorsi ricevendo premi e menzioni. I suoi progetti sono stati esposti alla X Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Milano e in altre esposizioni nazionali e internazionali. I suoi disegni sono pubblicati su importanti riviste di architet-tura e design. Tra le recenti esposizioni si annoverano: Architetture Analog(ic)he [Pisa, 2019]; VadoalMassimo. Massimo Gasperini+Massimo Mariani [Galleria La Linea, Montalcino, Siena, 2019]; Tam Tam: I Lari. Gli spiriti protettori della casa [Triennale di Milano, 2018]; Uqbarsite. Narraciones de Ciudad. Muestra de dibujos, fotografias y cortos [Rosario, Argentina, 2018]; Setup Contemporary ArtFair 2018 + Breakl [Palazzo Pallavicini, Bologna, 2018].



- Innanzitutto una sua definizione di Architettura o in quale, tra le definizioni storiche, si riconosce?

La definizione che ritengo più appropriata è quella data da Vitruvio:

Architecti est scientia pluribus disciplinis et variis eruditionibus ornata, cuius iudicio probantur

omnia quae ad ceteris artibus perfeciuntur opera. Ea nascitur ex fabrica et ratiocinatione.

Architettura è scienza di molte discipline e di diversi ammaestramenti ornata, dal cui giudizio si approvano tutte le opere, che dalle altre arti compiutamente si fanno. Essa nasce dalla fabbrica e dal discorso.

(I dieci libri dell’architettura di M Vitruvio. Tradotti & commentati da Mons Daniel Barbaro, Venezia 1556-61. L.I, C. I., P. 1-2)

Soffermandoci sui concetti di fabrica e di ratiocinatione, cercando di rinvenire la parabola della creazione in architettura, rimanderei alla relativa voce riportata da Eugene Viollet-Le-Duc nel Dictionnaire raisonnée de lʹArchitecture Francaise du XI au XVI siecle, (1854‐68):

L’architettura è l’arte del costruire. Si compone di due parti, la teoria e la pratica. La teoria comprende: l’arte propriamente detta, le regole suggerite dal gusto, derivate dalla tradizione, e la scienza, che si fonda su formule costanti e assolute. La pratica è l’applicazione della teoria ai bisogni; c’è la pratica che piega l’arte e la scienza alla natura dei materiali, al clima, ai costumi di un’epoca, alle necessità di un periodo. Prendendo in considerazione l’architettura all’origine di una civiltà che succede ad un’altra, è necessario tener presente da una parte le tradizioni, dall’altra i nuovi bisogni.

XXIV-VI-2019-Promenades, pagine estratte dai quaderni neri (IV-2019).

- Quale indirizzo scolastico ha frequentato prima di iscriversi alla Facoltà di Architettura?

Ho frequentato per un quinquennio, con modesto profitto, una scuola ad indirizzo artistico a Pisa.

- Chi è stato il relatore della sua Tesi di Laurea e quale era il tema?

Mi sono laureato alla metà di giugno di diciotto anni fa con una tesi ad indirizzo progettuale inerente a una proposta di recupero urbano di un quartiere nella mia città, Pisa.

Il merito del buon esito di questo lavoro, confinato a soli tre mesi di svolgimento, è da attribuire a cinque persone di buona volontà e di smisurata passione per l’architettura: Adolfo Natalini ha saputo accogliermi incondizionatamente avviando i lavori; Massimo Carmassi ha deciso quale fosse il giusto momento per spronarmi a laurearmi congedandomi da suo studio nel periodo estivo per poi riaccogliermi in autunno, due giorni dopo avere sostenuto l’Esame di Stato; Gianni Cavallina mi ha pazientemente condotto nel tortuoso seppur breve percorso preparativo; Dunia Andolfi è stata preziosa amica e foriera di buoni consigli; inoltre Giancarlo Cataldi il quale, dopo avere aspramente criticato alcune mie soluzioni progettuali, ha convinto la commissione a conferirmi il massimo dei voti con lode sollecitandomi, mesi dopo, alla partecipazione al Dottorato di Ricerca in Scienze della Rappresentazione.

A tutti loro sarò sempre grato.

- Quali sono stati i suoi maestri storici di riferimento?

Ho avuto la fortuna di frequentare la Facoltà di Architettura di Firenze in un periodo in cui coesistevano diversi filoni di pensiero sulla disciplina architettonica: il lascito dell’esperienza radicale (Buti, Breschi, Natalini, Pettena) contrapposta alla scuola tipologica italiana rappresentata dagli ex allievi di Saverio Muratori (Caniggia, Cataldi, Maffei, Vaccaro).

Non ho mai assunto atteggiamenti di schieramento, bensì ho vissuto con grande curiosità e partecipazione ogni insegnamento.

Più tardi ho avuto il privilegio di lavorare nello Studio fiorentino di Massimo Carmassi e Gabriella Ioli a fianco di abilissimi collaboratori. Alcuni anni dopo sono stato onorato dell’amicizia di Adolfo Natalini, Gianni Pettena, Giancarlo Cataldi, Francesco Tomassi, Franco Berlanda. Il sentimento della condivisione della passione per la nostra disciplina mi lega a tutti loro.

Nonostante queste vicinanze non sono in grado di ricondurre i miei riferimenti formativi ad una figura prevalente, piuttosto ho tentato di coagulare le diverse metodologie per approcciare ed intendere l’architettura. Da tutti questi maestri ho imparato ad amare l’architettura.

Pisae X-V-2016, Quaderno giapponese (particolare) 22,7 x 261,3 cm, tecnica mista (transfer, china, grafite, acquerelli).

- A parte l'attività strettamente professionale, pratica altre forme di espressione artistica?

Mi piace pensare che non vi sia alcuna distinzione tra attività professionale e artistica nel mio lavoro. Esistono semmai momenti diversi sul piano operativo. Nella fase creativa confluiscono forme diverse di esperienze: incontri con i luoghi, con le persone che li abitano, con le cose; disegni di luoghi pensati, immaginati, veduti, ricercati; suggestioni e ipotesi progettuali; cantiere e ancora disegni. Nella fase conformativa il tortuoso percorso tra pensiero (fiducia e speranza nel progetto) e forma (costruzione) appare in tutta la sua evidenza. In questo tragitto esistono diversi momenti riconducibili all’espressività artistica. Tutto ciò che risponde alla creazione è, di fatto, assimilabile ad una espressione artistica.

2015-VII-XII-Monster city-La migrazione-II, dai quaderni neri (II-2015).

- Può dirci qualcosa sul suo processo creativo?
Disegno e scrivo appunti servendomi di taccuini in formato A5 con copertina rigida, preferibilmente di colore nero per una mera necessità archivistica (le scritte rosse stampate sulle etichette bianche che numerano e datano i quaderni si leggono meglio su sfondo nero). Utilizzo questa prassi con alterni profitti da una ventina d’anni e, ad oggi, detengo oltre un centinaio di quaderni. Molti di questi sono andati perduti. Altri sono stati donati oppure venduti.

Ordinare e catalogare le idee e i pensieri su questi agili supporti mi serve a tenere serrato il bagaglio della memoria. In queste pagine bianco-avorio riammaglio la genesi progettuale fatta di determinazioni, dubbi, ripensamenti, pentimenti. Nei disegni e nelle faticose scritture non ricerco la compiutezza bensì la velocità di restituzione dell’idea per poi attendermi, nei passaggi successivi, una sua precisazione o superamento che spesso si trova disattesa.

Pur avendo delle riconosciute delle abilità nel dominio del cad (ho cominciato agli inizi degli anni ’90 ad utilizzare Autocad e 3d Studio dalle prime versioni DOS per poi sperimentare numerosi software di modellazione), soffro ancora molto l’intromissione del medium elettronico, perciò traccio immediatamente le mie idee disegnate sui taccuini, dopodiché trasferisco alcuni frammenti nei modellatori solidi per poi approdare ad altri schizzi alternativi o migliorativi, nuovi modelli digitali, stampe 3d, maquette di studio che costruisco personalmente in legno.

Talvolta, anche nel caso di realizzazioni avvenute con discreto successo, ritorno a rappresentare con il disegno libero i concetti che le hanno informate trasfigurandole e facendole diventare altro. In questo caso le dimensioni del supporto possono variare senza mai superare formati eccessivamente grandi, impossibili da dominare per chi è abituato come me ai ‘vademecum’. Questi disegni (acqueforti, acquarelli, transfer e tecniche miste) hanno raggiunto un sorprendente successo in ambito artistico tanto da essere oggetto di mostre riscuotendo l’interesse di alcune importanti gallerie d’arte contemporanea.

XXX-III-2018-Landscape morphology, 35x50 cm, grafite su carta (2018).

- Nel codice linguistico di un architetto che parte ha l'espressione individuale e quanto è influenzato da mode e correnti?

Gli attuali strumenti di comunicazione mostrano senza dubbio una potenza smisurata nel condizionare le nuove generazioni di architetti, e non solo. Anni fa le riviste di settore, più di ogni altro strumento di divulgazione, veicolavano le nuove tendenze internazionali con i loro portati progettuali. La ‘comunicazione aumentata’ ha prodotto innegabili benefici ma ha anche provocato una sorta di appiattimento dell’espressività individuale riconducendo le soluzioni progettuali ad una standardizzazione di breve durata.

Le mode passano in fretta e mal si adattano all’architettura che impone tempi lunghi.

XXX-I-2020-Paesaggio con istogramma, dai quaderni neri (IV-2019).

- Lei realizza disegni indipendenti da progetti finalizzati alla costruzione, quale è la differenza tra "disegno di architettura" e progetto (a parte la finalità funzionale)?

Per quanto mi riguarda non vi è alcuna distanza tra ‘disegno per l’architettura’ e ‘“disegno di architettura’; l’uno è funzionale all’altro nella misura in cui la teoria è nutrimento per la pratica. Il disegno libero diviene fonte inesauribile di idee per il progetto anche quando, da questi disgiunto, mostra evidenti tratti utopici. Il disegno tecnico pertiene certamente al comparto dalla concretizzazione che precede la fase costruttiva, sebbene possa talvolta conservare anch’esso una cifra di espressività.

2012-SerieArchitetture-10-08, dai quaderni neri (II-2012).

- Oggi la rappresentazione grafica di un progetto è del tutto digitale, ritiene che questa modalità influisca anche sull'ideazione della forma?

Non attribuendo un così elevato valore al disegno digitale nelle sue potenzialità ideative ritengo che esso non abbia alcuna determinatezza sul quoziente formale dell’architettura. Si tratta solo di un mezzo altamente sofisticato che permette di verificare con esattezza forme escogitate prima della loro esecuzione. Certamente una forma complessa, come ad esempio un elemento organico, descritto dallo strumento informatico trova una maggiore specificazione tecnica e strutturale. Ogni sua parte può essere indagata e, mediante una articolata morfologia tridimensionale, può essere sottoposta a verifiche statiche e dinamiche, oltre che estetiche. La sua rappresentazione può assumere livelli di realismo tale da confondersi con la realità stessa. Tutto ciò non è tuttavia direttamente correlabile con la sua qualità progettuale o estetica.

IX-X-2016, la città continua, 86,5 x 66,8 cm, tecnica mista (transfer, china, aerografo) su carta Fabriano e incorniciato in forma di plastico.

- Ritiene sia un principio ancora valido che una nuova architettura si relazioni al contesto?L’architettura deve avere una relazione stretta con il luogo e con il tempo in cui si inserisce per non rischiare di esserne ‘rigettata’. Per questa ragione sono fortemente convinto che il massimo nutrimento del progetto pervenga dalla conoscenza fisica, morfologica e scientifica del luogo. Vi sono poi altre componenti sottese ai luoghi che risultano fortemente condizionanti nella formulazione progettuale tanto da divenire preminenti nel progetto stesso. La difficoltà sta nel saperle cogliere.

XXIX-XII-2017-Condizione surrealista dell'architettura, dai quaderni neri (III-2017).

- Secondo lei esistono degli aspetti invarianti che caratterizzano un'architettura come "contemporanea"?

Quando si parla di invarianti dell’architettura tornano alla mente quelle provocatoriamente codificate da Bruno Zevi il secolo scorso per il linguaggio della modernità. La ‘risemantizzazione’, l’asimmetria, la tridimensionalità anti prospettica, la scomposizione quadridimensionale, la ‘destrutturalizzazione’, la temporaneità dello spazio ed infine la reintegrazione edificio/città/territorio (‘urbatettura’), possono essere presi a prestito anche per descrivere le tendenze contemporanee. Volendo proporre un aggiornamento di questo apparato terminologico proporrei (ancora provocatoriamente) ulteriori cinque punti:

  • automazione come omologazione progettuale;

  • pratica del copy/paste;

  • rumore/disturbo/ridondanza;

  • proclama sostenibilità e della bio-architettura;

  • disorientamento & eclatanza.

Lascerei aperto questo dibattito per ulteriori revisioni e/o integrazioni.

2016-IV-V-Post-apocalypse city (dopo l'apocalisse), dai quaderni neri (I-2016).

- Loos diceva: "Il presente si costruisce sul passato, così come il passato si è costruito sui tempi che l'hanno preceduto", quale è il suo rapporto con la tradizione e l'innovazione della contemporaneità?

Ritengo fondamentale riflettere sul concetto di stratificazione. Il nostro lavoro non può prescindere dal passato. La sfida che noi architetti dobbiamo porci per il prossimo futuro è proporre nuove configurazioni tecnologiche e spaziali capaci di stratificarsi sul precedente palinsesto senza stravolgerlo, congelarlo o negarlo, traendo da esso la migliore essenza.

Urge definire su un nuovo modo di costruire maggiormente confacente all’attuale condizione critica che stiamo vivendo. Alcune mie opere grafiche trapelano questa impellenza, talvolta attraverso concetti paradossali: rappresento città in fuga, prive di speranza di sopravvivenza scongiurando l’apocalisse per invocare l’epifania di nuove forme di resilienza; metto in scena città distrutte dall’uomo e occupate (insediate) da nuove forme di umanità; disegno torri altissime come bisogno di guadagnare il cielo.

Come ogni altro organismo vivente l‘architettura e la città hanno bisogno di trasformarsi nelle loro strutture e nei loro tessuti adeguandosi ai cambiamenti dettati dal tempo.

I concetti di palinsesto e di organismo ben espressi da Saverio Muratori e ripresi più tardi da Luigi Vagnetti ben si riallacciano a questo ragionamento.

Città dei colombari_bozzoli n.19, 36,2x60 cm, Stampa/Print su/on forex 3 mm.

- Esistono ancora regole universali ed intramontabili in architettura?

L’architettura è un prodotto dell’uomo e ai suoi bisogni deve essere rivolta.

Serie modernissimo, montaggio, dai quaderni neri (II/III-2017), china nera.

Ottobre, 2020.